Hate speech: il linguaggio d'odio

Che cos'è l'hate speech e come è cambiato nel tempo

Il mondo del giornalismo, dalla sua nascita fino ad arrivare ad oggi, ha subito un profondo cambiamento; quando si usa, qui, l’espressione “mondo del giornalismo” si fa riferimento a tutto ciò che concerne la materia stessa: i modi in cui la notizia viene scritta, i metodi utilizzati per la sua stesura, e, infine, gli strumenti creati per la diffusione al pubblico della stessa.
Tutto ciò è stato oggetto di una continua evoluzione, a volte considerata positiva ed altre volte invece negativa, seguendo di pari passo gli eventi principali che si sono susseguiti nel corso del tempo, influenzato in particolar modo dalle rivoluzioni industriali e tecnologiche.
Lo scopo di questo lavoro è quello di seguire e analizzare solo uno degli innumerevoli percorsi di trasformazione che ha riguardato il giornalismo: il cambiamento del linguaggio usato dai giornalisti e, più precisamente, il linguaggio d’odio adottato più e più volte negli anni e nei secoli, adottato ancora oggi nel 2023 da tante testate, facendo riferimento a due importanti eventi, per seguirne gli sviluppi, quali la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

Che cos'è l'hate speech?

É il 1997 quando il Consiglio d’Europa fornisce una prima ed importante definizione, tramite una raccomandazione del Comitato dei Ministri, del fenomeno che prende il nome di Hate Speech:

"Il termine “discorso d’odio” (hate speech) deve essere inteso come l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione, l’ostilità contro le minoranze, i migranti ed i popoli che traggono origine dai flussi migratori”.


Che le parole possano risultare offensive o che possano essere usate a tale scopo non è una novità poiché queste nel corso dei secoli sono state utilizzate per incitare alla violenza, per spronare i soldati in guerra contro il nemico, per emarginare i deboli dalla società e via dicendo; si studia da sempre nelle scuole la storia di imperatori o dittatori importanti e dei loro famosi discorsi pronunciati in occasioni particolari quali le conquiste di nuove terre e le entrate in guerra, ponendo l’accento sul loro tono, sul loro carisma, sulle pose adottate e sul personaggio studiato al millimetro, ma poche volte o forse mai si pone l’accento su ciò che quei discorsi sono, in fondo, in realtà: discorsi d’odio.
Il fenomeno suddetto, quindi, è purtroppo antichissimo, ma la sua importanza e la sua visibilità sono aumentate solo negli anni più recenti grazie alla diffusione dei social media che da un lato facilitano la creazione e la velocità della diffusione del fenomeno stesso e dall’altro lato lo contrastano attraverso un enorme numero di attivisti che si impegnano per la creazione di una maggiore sensibilità riguardante proprio questo tema affinché i discorsi d’odio possano essere riconosciuti e dunque evitati.
Riconosciuti e dunque evitati non soltanto in rete, ma anche in tv, in radio, nei libri, nei giornali: i mezzi di informazione, per loro natura, dovrebbero sempre mantenere una posizione di imparzialità e dovrebbero annunciare la notizia senza prendere alcuna posizione specifica, dovrebbero garantire una visione oggettiva; svolgere questo tipo di lavoro e di compito, avendo a che fare con la versatilità delle parole che può risultare essere un’arma a doppio taglio, sicuramente non è semplice perché è facile, al contrario, cadere nella trappola dei discorsi d’odio.
Spesso però l’errore non è involontario perché l’uso di un linguaggio violento e che incita all’odio è volontario e ha lo scopo di creare divisioni e differenze:
Testata di giornale Libero
É interessante notare che questo tipo di linguaggio e l’uso di questi termini si riscontrano più facilmente in quelli che vengono classificati come giornali di destra, estrema destra o di centro-destra: è difficile o comunque raro trovare esempi di giornali schierati a sinistra che ne facciano lo stesso uso.
Tra i tanti esempi che si potrebbero utilizzare a sostegno della tesi, è lampante quello che descrive gli episodi della triste strage del 13 novembre 2015 a Parigi.
Testata giornale su Bataclan
Il giorno seguente rispetto agli attacchi, le prime pagine dei quotidiani italiani erano piene di termini quali ”strage”, ”mattanza”, ”massacro”, per fare riferimento alla vicenda, ma il quotidiano Libero sferra un attacco diretto e con tono durissimo condanna in direttissima per gli episodi tutti i fedeli all’Islam, senza fare distinzione tra l’estremismo dei terroristi responsabili delle barbarie e la gente comune, ancora una volta responsabile solo di professare una fede religiosa.
Libero punta sul sentimento di rabbia contro l’Islam e i suoi seguaci e si arriva, così, agli stereotipi.
Gli stereotipi sono, secondo il dizionario Treccani:

”un’opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo di ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva”.


I giornali italiani riportano spesso stereotipi nelle rappresentazioni degli immigrati.
Testata giornale su immigrati

Lo stereotipo degli immigrati portatori di malattie è uno stereotipo antichissimo, se lo ricordano bene anche i milioni di italiani che nei primi anni del ’900 lasciavano il Paese e si dirigevano in America, ed è tipico di una propaganda razzista.
I giornali da sempre svolgono un ruolo importante nel processo di inserimento di stranieri ed immigrati nella società italiana ed anche nella creazione dell’immagine degli stessi nella mente degli italiani, giovani e vecchi: la tendenza a stereotipizzare e dipingere l’immigrato come delinquente, portatore di malattie, stupratore è tipica dei giornali che si avvicinano o addirittura promuovono idee sovraniste e anti-europeiste, che si oppongono alle dinamiche della globalizzazione, che propugnano la difesa della patria e la riconquista della sovranità nazionale. In questi casi, l’immigrato diventa subito il nemico da combattere, da non integrare, l’immigrato è il demone da escludere o da ”aiutare a casa sua”.

Si può affermare che..

Anche se l’immagine del nemico da combattere è cambiata nel corso del tempo, anche se sono tanti gli anni si sono successi tra un evento e l’altro e la società è profondamente mutata nel frattempo, tanti elementi del discorso d’odio restano oggi uguali a quelli di ieri.
Stereotipizzazione, slur, stigma sociali.
Il ruolo della stampa è ancora oggi fondamentale nel processo di sensibilizzazione della società ad un linguaggio che sia il più possibile corretto: la responsabilità dei media, essendo questi strumenti di influenza dalla grande potenza, è enorme, dunque dovrebbero liberarsi nella narrazione da qualsiasi tipo di giudizio non essendo questi tribunali del popolo e riportare l’attenzione su un tipo di narrazione oggettiva e limpida, scevra da commenti personali e di parte.
Nel 2023 è necessario soffermarsi a domandarsi su quanto sia accettabile ancora oggi avere esempi di giornalismo aggressivo, che divide, nonostante la grande attenzione che è riservata alla diversità, alla lotta alla sensibilizzazione della società nei confronti di ogni categoria presente nel mondo, al cambiamento per l’uso di un linguaggio che sia il più possibile inclusivo.
É il 15 aprile del 2021, la senatrice a vita

Liliana Segre viene eletta presidente della Commissione Straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio, commissione già istituita al Senato con una mozione approvata nell’ottobre del 2019:

“Io spero che possa diventare un momento importante per la Repubblica visto che il linguaggio dell'odio è una cosa che mi ha ferito tutta la vita. Ho cominciato a sentire molto presto le parole dell'odio e se posso concludere la mia vita mettendo una di quelle piccole pietre che nei cimiteri ebraici si mettono sulle tombe per dire ‘io sono venuto a trovarti', allora anche questo inizio di commissione è una piccola pietra”.